Nella causa n. 659/01 per risarcimento danni promossa da Pagliani
Giuseppe, Milelli Eufemia e Pasquariello Domenico  nei  confronti  di
Cortelloni Augusto; 
    Vista la delibera del Senato della Repubblica in data 26 novembre
2003, con la quale si dichiara  che  il  fatto  oggetto  della  causa
civile  predetta  concerne  opinioni  espresse  da  un   membro   del
Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, e pertanto ricade nella
disciplina di cui all'art. 68 Cost.; 
    Solleva conflitto di attribuzione per i seguenti motivi. 
                           I n  f a t t o 
    Pagliani  Giuseppe,  Milelli  Eufemia  e  Pasquariello  Domenico,
magistrati in servizio presso il Tribunale di Modena, hanno citato in
giudizio innanzi al Tribunale di Ancona, nel marzo 2001, il  senatore
Cortelloni Augusto, e il direttore responsabile del  giornale  «Nuova
Gazzetta di Modena»  Mascolo  Antonio,  chiedendone  la  condanna  al
risarcimento  dei  danni  subiti  in  relazione  al  proprio   decoro
professionale e alla persona, per diffamazione a mezzo stampa. In una
intervista pubblicata sulla «Nuova Gazzetta di Modena» del  7  giugno
2000, due giorni dopo la lettura  del  dispositivo  di  una  sentenza
penale resa dai predetti giudici  nel  procedimento  n.  166/99  R.G.
Trib. Modena, per gravi abusi sessuali su minori, Cortelloni  Augusto
[nell'esprimersi in questi termini: «... quella emessa dai giudici di
Modena non e' una normale  sentenza,  e'  una  decisione  prettamente
politica e come tale dovra' essere trattata. I magistrati hanno fatto
quadrato attorno a interessi di casta, perche' dovevano difendere  il
collega ... I giudici modenesi hanno deciso di delegare le indagini a
persone estranee  all'ordinamento  giudiziario  ...  hanno  preferito
leggere cio' che faceva comodo... la sentenza della vergogna e'  solo
il primo atto di questa ennesima tragedia all'italiana ...  Dopo  tre
anni di istruttorie come queste, quando i giudici mancano di rispetto
a se' stessi, alla toga che indossano, e a quel popolo  italiano  che
devono  rappresentare,  allora  non  e'  piu'   possibile   tacere»],
superava,  secondo  l'assunto,  i  limiti  del  diritto  di  critica,
attribuendo  ai   magistrati   comportamenti   contrari   ai   doveri
connaturali all'esercizio della funzione giurisdizionale. 
    Il convenuto  ha  proposto  in  via  pregiudiziale  eccezione  di
immunita' ai sensi  dell'art.  68  Cost.,  sulla  base  di  un  nesso
funzionale tra le dichiarazioni e l'attivita' parlamentare consistita
in una serie di iniziative dirette ad accertare presunte  illegalita'
nello svolgimento del dibattimento penale oggetto della critica. 
    Prerogativa  di  cui  gli  attori  contestano   l'applicabilita',
assumendo  interesse  personale  del  senatore  quale  professionista
difensore  di  soggetti  coinvolti  nei  fatti  di   cui   al   detto
procedimento n. 166/99. 
    All'udienza del 23 settembre  2003  il  convenuto,  invocando  la
legge  n.  140/2003,  art.  3,  ha  chiesto   fissarsi   udienza   di
precisazione delle conclusioni, ritenendo  la  causa  matura  per  la
decisione  sulla  pregiudiziale  eccezione,  e  in  via   subordinata
trasmissione degli atti al Senato al fine di acquisire la delibera di
competenza,   in   merito   alla   applicabilita'   della   immunita'
parlamentare. 
    Si  opponevano  gli  attori  instando  perche'  fosse   sollevata
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  3,  legge  n.
140/2003, in riferimento  alle  disposizioni  della  legge  invocata,
inerenti all'obbligo di trasmissione degli atti al Senato. 
    Nelle more della decisione sulla riserva assunta al riguardo,  e'
pervenuta al tribunale la delibera della assemblea del Senato che  in
accoglimento della richiesta  formulata  direttamente  al  Senato  da
Cortelloni Augusto, in conformita' alla proposta della  Giunta  delle
elezioni e immunita' parlamentari, ha dichiarato la  insindacabilita'
delle dichiarazioni oggetto di causa. 
                         I n  d i r i t t o 
    Ai  sensi  dell'art.  3,  legge  n.  140/2003,  Disposizioni  per
l'attuazione dell'art. 68 della Costituzione nonche'  in  materia  di
processi penali nei confronti delle  alte  cariche  dello  Stato  (si
riportano solo le parti che interessano): 
    La immunita' parlamentare di cui all'art. 68 Cost. si applica  in
ogni caso per la presentazione di disegni o  proposte  di  legge  ...
interpellanze e interrogazioni, ... e per  ogni  altra  attivita'  di
ispezione, di  divulgazione,  di  critica  e  di  denuncia  politica,
connessa alla funzione di parlamentare,  espletata  anche  fuori  del
Parlamento (comma 1). 
    Se non ritiene di accogliere l'eccezione di immunita', il giudice
trasmette direttamente copia degli atti alla  Camera  alla  quale  il
membro del Parlamento appartiene o apparteneva al momento  del  fatto
(comma 4). 
    La questione dell'applicabilita' dell'art. 68, primo comma, della
Costituzione puo' essere sottoposta alla Camera di appartenenza anche
direttamente dal parlamentare (comma 7). 
    In ogni caso in cui sia  investita  della  questione,  la  Camera
trasmette all'autorita'  giudiziaria  la  propria  deliberazione;  se
questa e' favorevole all'applicazione dell'art. 68, primo comma della
Costituzione,  il  giudice  adotta  senza  ritardo  i   provvedimenti
necessari alla definizione (comma 8). 
    Secondo  tale  disposizione,  il  giudice  ordinario  e'  tenuto,
quindi,  ad  uniformarsi  alla  determinazione  del  Parlamento   che
dichiari la irresponsabilita'. 
    Cio'  non  appare  conforme  alla  Costituzione,  sotto   diversi
profili. 
    Nell'esigenza  di  una  precisa  determinazione  dell'ambito   di
operativita' della tutela eccezionale attribuita al parlamentare  con
la  immunita'  di  cui  all'art.  68  Cost.,  la   Corte   adita   ha
costantemente affermato che al fine di poter godere della prerogativa
in esame, in ipotesi di dichiarazioni extra moenia, la  condotta  del
parlamentare deve  esprimersi  necessariamente  «attraverso  opinioni
correlate alla funzione svolta». Sicche', e'  soltanto  il  nesso  di
strumentalita' «che  intercorre  rispetto  all'ufficio  ricoperto»  a
ricondurre la critica alla funzione, nesso  che  puo'  legittimamente
essere affermato quando  le  dichiarazioni  rese  alla  stampa  siano
sostanzialmente  riproduttive  della  denuncia   espressa   in   sede
parlamentare.  La  prerogativa  costituzionale   riguarda,   infatti,
essenzialmente il contenuto storico dell'opinione  espressa  in  sede
parlamentare, la quale pertanto va tutelata anche nella divulgazione,
posto che il ruolo fondamentale delle Camere, nella libera dialettica
politica, si esplica necessariamente attraverso la pubblicita'. 
    Per  contro  la  semplice   comunanza   di   argomento   fra   la
dichiarazione resa ai mezzi di comunicazione e le  critiche  espresse
in   sede   parlamentare   non   e'    sufficiente    ad    estendere
l'insindacabilita' alla prima. Coinvolgendo diritti  fondamentali  di
rilevanza  costituzionale,   quali   il   diritto   all'onore,   alla
reputazione  ecc...  l'autonomia  parlamentare   nell'esercizio   del
diritto di critica e' comunque soggetta al rispetto del principio  di
legalita-giurisdizione. Il bilanciamento tra  i  due  valori  postula
«non solo l'essenzialita' della condotta ai fini,dell'esercizio della
funzione», ma anche «quella contenutezza e misura  che  renda  minima
l'offesa al bene sacrificato». 
    Fuori dell'ambito cosi' delimitato, «l'unica garanzia  invocabile
e' quella della libera manifestazione del  pensiero,  che  l'art.  21
Cost. assicura a tutti i consociati», soggetta ai limiti comuni. 
    Nel caso in esame,  le  dichiarazioni  vanno  oltre  i  contenuti
dell'attivita' parlamentare, sconfinando  in  una  critica  sotto  il
profilo  personale  e  professionale  estranea  al  tema  oggetto  di
denuncia. 
    Si impone a questo punto precisare  che  la  sentenza  contro  la
quale il senatore rivolge  la  sua  polemica  (peraltro  all'indomani
della, sola, lettura  del  dispositivo,  senza  conoscere  quindi  la
motivazione), riguardava ripetuti abusi sessuali in danno  di  minori
infradecenni, commessi in ambito familiare ed extra, e riti a  sfondo
satanico e sessuale celebrati in cimiteri, coronati, gli  uni  e  gli
altri episodi, da  compensi  in  denaro  (per  apprenderne  tutta  la
gravita' si rimanda alla sentenza  perche'  ogni  specificazione  non
rende adeguatamente idea dei fatti valutati dal Tribunale di Modena).
Il processo vedeva come imputati n. 17 adulti e come parti offese  n.
12 bambini. Il dibattimento si e' protratto per circa otto  mesi,  da
ottobre 1999 a giugno 2000, con una frequenza di tre-quattro  udienze
alla settimana: sono stati sentiti n. 200 testimoni. Si  e'  concluso
con 14 condanne, una declaratoria di improcedibilita' per morte,  nei
confronti di un sacerdote, e due assoluzioni. All'esito del  giudizio
in cassazione sono state confermate 12 condanne in  riferimento  agli
abusi commessi tra le mura domestiche, annullandosi le condanne per i
fatti commessi nei cimiteri. 
    Ignorandosi le  problematiche  connesse  alla  natura  dei  fatti
addebitati e all'eta'  delle  persone  offese,  problematiche  legate
all'esigenza  di  una  particolare   cautela   nelle   modalita'   di
acquisizione della prova, la  critica,  come  si  e'  detto,  non  e'
limitata al metodo di acquisizione della  prova,  ma  si  estende  ad
aspetti personali, secondo finalita' apparentemente inutili  rispetto
al tema in discussione. Il senatore, invero, non solo lamenta  che  i
giudici hanno rinunciato  a  fare  il  loro  mestiere,  delegando  le
indagini a persone estranee all'ordinamento giudiziario  (riferendosi
alle acquisizioni dei racconti dei minori attraverso le dichiarazioni
rese in giudizio dalle assistenti sociali, narrazioni  che  risultano
pero' riscontrate con le  audizioni  protette  dei  minori  da  parte
dell'autorita' giudiziaria), ma aggiunge che quella e' una  decisione
prettamente politica. Che i magistrati hanno fatto quadrato attorno a
interessi di casta, ... mancando di rispetto a se' stessi, alla  toga
che indossano, e al popolo italiano che devono rappresentare. Induce,
infine, la generalita' a mobilitarsi, perche' non e'  piu'  possibile
tacere. 
    Nello stesso procedimento penale (cosiddetto  pedofili  bis),  al
quale si riferiscono le dichiarazioni del senatore Cortelloni, fra le
parti offese compaiono, altresi', quattro  minori,  che  accusano  di
abusi sessuali anche i genitori Covezzi D. e Morselli  M.  L.  Ne  e'
scaturito un terzo procedimento, cosiddetto pedofili  ter  instaurato
nei confronti dei predetti Covezzi D. e  Morselli  M.  L.  (un  primo
procedimento, precedente a quello in discorso, nei confronti di altri
imputati, si e' pure concluso con condanne confermate in Cassazione).
In relazione  agli  stessi  fatti,  in  procedimento  ablativo  della
potesta' genitoriale davanti al Tribunale dei minori  di  Bologna,  i
due coniugi sono assistiti dall'avv. Cortelloni Augusto, (la  procura
in quest'ultimo procedimento venne a lui conferita nel maggio 2000, e
cioe' qualche giorno prima della pubblicazione  del  7  giugno  2000,
cfr. fra le produzioni documentali avv. Cortelloni, memoria difensiva
e allegato atto di mandato del 29 maggio 2000). 
    Le responsabilita' penali e genitoriali che prendono corpo  dalle
risultanze  del  processo  c.d.  pedofili  bis   sono   evidentemente
interconnesse. 
    Emerge pertanto  un  interesse  del  parlamentare  a  svilire  le
risultanze probatorie del processo pedofili bis, che mal si  concilia
con l'espletamento di mandato parlamentare, a cui inerisce  attivita'
di natura generale, e libera nel fine. 
    Lo stesso convenuto  colora  le  dichiarazioni  de  quibus  dando
notizia della iniziativa processuale promossa davanti alla  Corte  di
giustizia europea, in  difesa  degli  interessi  dei  suoi  assistiti
Covezzi D. e Morselli M.L. A detta iniziativa,  che  appare  motivata
nell'articolo con la serie  di  ingiustizie  ivi  denunciate,  si  fa
riferimento sia nel titolo («Cortelloni porta il  processo  all'esame
della Corte Europea»), sia nel testo, laddove, a dimostrazione di una
pretesa parzialita' di  giudizio  («...  I  giudici  hanno  preferito
leggere cio' che faceva comodo ...») il senatore espone: «Allo stesso
modo hanno inviato alla Corte Europea a loro discolpa solo le perizie
di comodo disposte da chi faceva le indagini, e non quelle  di  altro
magistrato  che  le  smentiva  clamorosamente».   L'argomento   della
iniziativa davanti alla Corte Europea e' poi ripreso  nella  comparsa
di risposta del sen. Cortelloni  depositata  in  questo  giudizio  di
risarcimento danni, a pag. 68-69, e nei capitoli  nn.  1  e  19,  per
interpello  dei   magistrati   richiesto   dallo   stesso   convenuto
Cortelloni. 
    E' vero che detto ricorso alla Corte europea e'  sottoscritto  da
avv. Tassi C.L., ma nel testo dell'intervista de qua  come  in  altri
atti e articoli di stampa, il parlamentare (che a fine  maggio,  come
si e' detto, e' stato formalmente investito con procura dai  genitori
Covezzi-Morselli), se ne assume la paternita'. 
    E,  nel  dare  una  spiegazione  della  conoscenza   degli   atti
(essendosi svolto il dibattimento penale a porte chiuse),  Cortelloni
Augusto dichiara che tale conoscenza gli derivava,  in  parte,  dalle
notizie   acquisite   per   attivita'    ispettiva,    interpellanze,
interrogazioni  ...  sollecitate  in  espletamento  del   suo   ruolo
istituzionale, ed in parte proprio in forza delle interferenze tra  i
procedimenti penali pedofili bis e ter (cfr. a pag. 7-8  e  28  della
sua comparsa di risposta). In particolare,  rammenta  che  dal  terzo
procedimento (a carico dei suoi assistiti) e'  stato  acquisito  agli
atti del procedimento pedofili bis (che vede come parti offese i loro
figli) verbale di incidente probatorio per audizione protetta di  tre
dei figli di Covezzi D. e Morselli  M.L.,  eseguito  il  10  dicembre
1999, atto al quale egli ebbe a  partecipare  quale  difensore  degli
stessi imputati, in veste di sostituto processuale (cfr. in proposito
anche attestato della cancelleria del Tribunale di Modena in data  26
novembre 2002 e verbale di interpello dell'avv. Cortelloni a fg. 9). 
    E ancora nella comparsa di risposta, nel sostenere la  fondatezza
delle accuse  mosse  nel  suo  ruolo  di  parlamentare,  contesta  la
validita' delle prove assunte nel procedimento pedofili bis  verso  i
propri assistiti, ricadendo nell'equivoca confusione tra interessi di
natura diversa. 
    In tale contesto, le dichiarazioni rese nell'articolo  in  esame,
segnatamente nell'ultima parte («La sentenza della vergogna  e'  solo
il primo atto di questa ennesima tragedia  all'italiana.  Ora  dovra'
mobilitarsi l'opinione pubblica, le forze sociali, politiche e  anche
quella parte di comunita' religiosa che  finora  ha  mantenuto,  come
noi, un doveroso rispetto per l'istituzione  della  magistratura.  Ma
dopo tre anni di istruttorie come queste ...») non solo non  appaiono
legate da nesso funzionale ai contenuti  dell'attivita'  parlamentare
(trattasi di interventi con  i  quali  il  senatore  Cortelloni  pone
questioni processuali in termini tecnici su  singole  problematiche),
ma,  allontanandosi  da   essi,   adombrano   interessi   di   natura
prevalentemente privatistica. 
    Ebbene, la norma di cui all'art. 3, comma 8, legge  n.  140/2003,
che obbliga il giudice ad uniformarsi alla delibera  del  Parlamento,
assolvendo il convenuto da ogni responsabilita' in  merito  ai  fatti
per cui  e'  causa,  in  ragione  di  un  privilegio  che  non  trova
giustificazione istituzionale, viola nello stesso tempo gli artt. 3 e
24 Cost. per disparita' di  trattamento  in  danno  delle  parti  che
pretendono un risarcimento assumendo una lesione  ai  propri  diritti
personali a causa di una immeritata  invettiva.  Nonche'  l'art.  101
Cost., in quanto l'art. 3, comma 8, in discorso, e'  norma  di  rango
inferiore rispetto alla disposizione di cui all'art.  68  Cost.,  che
pone limiti alla insindacabilita'. 
    Per concludere, poiche' questo giudice ritiene che il Senato, con
la dichiarazione di insindacabilita'  del  26  novembre  2003,  abbia
esercitato il proprio potere al di fuori delle sue attribuzioni,  non
avendo  correttamente   valutato   la   condizione   essenziale   del
collegamento delle opinioni espresse con la funzione parlamentare.